Sussurri, grida e oscurità: ecco la chiave per decifrare uno dei finali più enigmatici della storia della televisione.
Non è un segreto che il finale della terza stagione di Twin Peaks abbia lasciato molti spettatori interdetti. L’ultima scena, con il grido straziante di Laura Palmer e un blackout improvviso, ha diviso fan e critici. Cosa significava tutto questo? E perché il mistero sembra così impenetrabile? Oggi, dopo anni di teorie e riflessioni, emerge un’interpretazione che potrebbe finalmente gettare luce sull’enigma lynchiano.
Innanzitutto, è cruciale comprendere il ruolo di Laura Palmer. Non è solo una vittima: Laura è una figura cosmica, creata dal Fireman per contrastare le forze del male scatenate dall’energia nucleare, come rivelato nell’iconico episodio 8. La sua essenza viene inviata nel mondo reale per combattere entità oscure come BOB e Judy, ma il destino è crudele: Laura diventa preda dei suoi genitori posseduti e viene uccisa. Tuttavia, nella terza stagione, l’agente Cooper interviene per salvarla, modificando il corso degli eventi. Ma il salvataggio ha un prezzo: Laura viene catapultata in un’altra dimensione, assumendo l’identità di Carrie Page.
L’episodio 18 si addentra nei meandri della narrativa dimensionale. Cooper e Diane attraversano un varco dimensionale, guidati dagli indizi forniti dal Fireman. Ma qualcosa cambia profondamente: Diane diventa “Linda”, Cooper diventa “Richard”, e persino le loro personalità si trasformano, oscillando tra tratti familiari e lati sconosciuti. Cooper, ormai diverso, trova Carrie Page a Odessa e la convince a tornare a Twin Peaks. Arrivati al numero 708, quello che dovrebbe essere l’indirizzo della casa natale di Laura, la realtà si scompone. Carrie non riconosce la casa, e l’inquietudine cresce. Poi, la voce di Sarah Palmer rompe il silenzio, chiamando Laura. Il ricordo esplode nella mente di Carrie, che si rende conto della propria vera identità. Il suo grido disperato, potente e carico di significato, spegne le luci e chiude l’episodio.
La chiave del finale potrebbe risiedere proprio nel grido di Laura. Se, come suggerisce Gordon Cole, Judy è un’entità legata alla mitologia cinese e associata all’atto di gridare (“jiaode”), allora Laura potrebbe averla annientata con il suo urlo, sigillandola nella dimensione di Twin Peaks e chiudendo il varco interdimensionale. L’assenza di elettricità, che nella serie rappresenta il mezzo di trasporto delle entità, confermerebbe questa ipotesi. Il significato profondo del finale non è solo nella sconfitta di Judy, ma nel potere simbolico del linguaggio e del suono. Laura, incarnazione del bene, utilizza l’energia primordiale del suo grido per riportare equilibrio, chiudendo un ciclo iniziato decenni prima. E forse, nei sussurri a Cooper mostrati nei titoli di coda, si nasconde il segreto di questa vittoria.
Insomma, il finale di Twin Peaks è un viaggio nei territori più profondi della mente e dell’anima, dove il confine tra realtà e sogno si dissolve. Lynch non ci regala mai risposte definitive, ma ci invita a immergerci nell’ignoto, dove ogni grido e ogni sussurro possono cambiare il destino.
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